I professori Valentina Mangiaforte ed Ernesto Romeo negli aa.ss. scorsi hanno dedicato diverse lezioni, nelle loro rispettive classi, all'analisi ed al commento del saggio di Todorov dedicato a tutte le implicazioni filosofiche, antropologiche e storiche riconducibili alla scoperta, anzi alla "conquista" europea dell'America. Le ragioni didattiche di tale scelta, le connesse, molteplici valenze formative ad essa associate, il percorso didattico seguito sono ben descritti dal collega Romeo che ringrazio per il tempo dedicato ad illustrarle così esaustivamente. Gli esiti incoraggianti di questa esperienza sono adeguatamente rappresentati dalle riflessioni di Giulia che ha particolarmente apprezzato gli spunti tematici offerti da Todorov rielaborandoli con riflessioni serie e meditate, espresse con un linguaggio ed una logica che testimoniano la maturazione di un'accattivante capacità di argomentare filosoficamente, sempre più rara nei ragazzi della sua età.
PREMESSA
DIDATTICA
Prof.
Ernesto Romeo
Lʼassegnare
ogni mese agli studenti la lettura di un nuovo libro è pratica che
sembra potersi giustificare anche a partire dagli obiettivi che
generalmente vengono conseguiti: al di là di evidenti, per quanto
mai del tutto soddisfacenti, ricadute che essa ha sul piano della
qualità dellʼespressione scritta ed orale dei discenti; al di là
della sua veicolazione di contenuti che ampliano in molteplici
direzioni il bagaglio culturale dello studente; tale pratica
costituisce soprattutto un argine allʼ«incultura del frantume».
In
effetti la moderna abitudine alla navigazione online, che con
lʼausilio dei link si
basa, almeno per i più, sul salto continuo da una pagina allʼaltra
e da un sito allʼaltro, lascia al fruitore la sensazione di aver
appreso una quantità considerevole di informazioni, fornendogli in
realtà solo idee vaghe e/o precocemente evanescenti; sempre che non
intervengano addirittura grossolani fraintendimenti.
La
lettura integrale di un libro, con le sue pagine in serialità
costrittiva, le sue frequenti ridondanze, costringe invece ad uno
scavo metacognitivo e facilita i processi di astrazione: specialmente
qualora alla lettura del libro, operata in sincronia più o meno
stretta tra i vari membri di una classe (rimanendo la fruizione
diretta del testo rigorosamente individuale), segua una
socializzazione collettiva, mediata dallʼinsegnante e tendente a
fare della classe stessa una comunità ermeneutica.
Ora,
agli inizi dellʼa.s. 2016-2017 il dipartimento di lettere decise di
fare del fenomeno dei migranti il filo rosso di buona parte del
programma di Lingua e
letteratura italiana,
in particolar modo per le classi terze. Furono declinati i relativi
obiettivi didattico-formativi e si creò una cartella condivisa su
Dropbox, nella quale ogni insegnante ebbe modo di inserire materiali
cui tutti i colleghi potessero attingere. Una di noi, Valentina
Mangiaforte, propose tra lʼaltro la lettura del saggio di Todorov
intitolato La conquista
dellʼAmerica. Il problema dellʼ«altro»;
io lessi questo testo, che non conoscevo, e lo inserii immediatamente
nella mia programmazione.
Lʼopera,
rileggendo lʼincontro (o, se si preferisce, lo scontro) tra la
civiltà europea e quella amerindia soprattutto in termini di
«scoperta» e «impatto» con lʼaltro, produce unʼinteressante
traslazione nel tempo e nello spazio di unʼanaloga vicenda
contemporanea (mutatis
mutandis, è ovvio) di
straordinaria importanza, ossia appunto quella delle attuali
migrazioni internazionali; dunque si prestava in maniera molto
stimolante ed efficace a far sì che gli studenti potessero
accostarsi con atteggiamento «scientifico», diciamo
socio-antropologico, ad entrambe le questioni.
Principale
obiettivo formativo era unʼulteriore presa di coscienza di valori
universali come la socialità e la solidarietà, anche ai fini di una
sana e proficua convivenza democratica. Come corollario ne scaturì
un secondo obiettivo, lo sviluppo del senso di responsabilità e
dellʼimpegno nel far parte di una comunità.
Tra
gli obiettivi cognitivo-didattici, invece, vi furono lʼarricchimento
del patrimonio linguistico e lo sviluppo di alcune capacità: quella
di rielaborare personalmente i contenuti, quella di interpretarli e
valutarli criticamente, quella di affinare le proprie doti di analisi
e di sintesi.
Ad
una prima decodifica individuale del testo seguì, come sempre, una
socializzazione collettiva. La verifica consisté nellʼeffettuazione
di un questionario preparato dallʼinsegnante e seguito, dopo la
correzione degli elaborati, da un ulteriore confronto collettivo.
Gli
obiettivi possono dirsi complessivamente raggiunti, come ben attesta
– paradigmaticamente – la relazione di Giulia Di Cara.
Tzvetan
Todorov, La conquista dellʼAmerica: il problema dellʼ«altro»
Giulia
Di Cara - IV H
La
storia esemplare
narrata da Todorov è
una storia vera.
Il
problema dellʼ«altro» non riguarda solo il passato, ma è più
contemporaneo che mai: non può essere trascurato poiché, quasi
contraddittoriamente, il problema dellʼ«altro» è il problema
dellʼ«io».
La
riflessione che ne deriva riguarda il rapporto tra i due, ma
soprattutto su chi è “più” o “meno altro” dalla prospettiva
del singolo.
Interrogarsi
sulla relazione che unisce individui differenti per sesso, età,
lavoro o classe sociale, ma che possiedono comunque un legame
sufficientemente forte da tradursi in un “noi”, assume
caratteristiche differenti da quella che può nascere dallʼincontro
(o dallo scontro) con chi è estraneo, diverso per lingua, cultura e
costumi e con nessunʼaltra comunanza se non quella di appartenere
alla stessa specie.
È
per questa ragione che Todorov non avrebbe potuto trovare argomento
più adatto della scoperta dellʼAmerica per il ruolo di storia
esemplare.
Colombo
è mosso da intenti cristiani e sinceri, è un uomo di fede che
modella il mondo e lʼ«altro» non per cercare verità, ma per
affermare le proprie; un uomo che rende universali i suoi
valori non per egoismo, bensì per cecità.
Lʼincapacità
di mutare prospettive, i fraintendimenti, il modellare la realtà:
cosa abbia davvero impedito a Colombo di scoprire non lʼAmerica, ma
gli americani, dovrebbe servire come monito per non ricadere negli
stessi errori che hanno portato al più grande genocidio
dellʼumanità.
Colombo
non è lʼunico protagonista di questa storia: Todorov attraversa gli
eventi che vedono partecipi le figure di Cortés, Las Casas, Durán,
Sepúlveda, Sahagún, Guerrero, Aguilar.
Le
azioni degli spagnoli, partecipando a quella che Todorov chiama
“società del massacro”, rivelano una crudeltà che abbandona i
valori etici e morali, forse a causa della lontananza dalla propria
terra: vedutisi al di fuori della portata del potere regio, gli
spagnoli si danno ad una violenza ingiustificata, nata per il piacere
della crudeltà stessa, che rivela quanto questa natura non sia
bestiale, ma più umana che mai.
Paradossalmente,
anche a difesa dellʼuguaglianza nasce la distinzione: gli indiani
sono uguali agli spagnoli, non viceversa; gli americani sono “ottimi
cristiani”, non ottimi uomini, e lo sono solo in relazione ai
valori europei.
Non
in grado di stabilire un piano dove le differenze non si concludono
in un mero rapporto superiore-inferiore e giusto-sbagliato, gli
spagnoli (almeno quelli che hanno tentato di dare una risposta
diversa) hanno invertito lʼuguaglianza con lʼintegrazione, con il
tentativo di assimilare gli indiani eliminando le diversità.
Anche
il desiderio di conoscenza di Duran o lʼamore di Las Casas non sono
bastati per arrivare alla comprensione, se mai fosse stata possibile,
né ad impedire quella che è stata alla base della violenza della
società moderna del massacrificio.
Todorov
mette in guarda dal cadere nellʼerrore di reputarsi migliori, perché
nemmeno oggi siamo in grado di giudicare il grado gerarchico dei
valori passati e presenti, ed evidenzia come lʼincomunicabilità,
lʼottenebramento delle visioni e la nostra natura stessa ci
conducano alla distruzione dellʼaltro e, quindi, di noi stessi.
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