L'interesse di Todorov per l' "altro" s'inserisce nel quadro sviluppatosi nella seconda metà del Novecento di fitta, a volte controversa ma pur sempre feconda, intersezione tra istanze e prospettive antropologiche da un lato e filosofiche dall'altro. Strutturalismo, formalismo, critca letteraria, linguistica, semiologia, filosofia del linguaggio: molteplici ed eclettiche esperienze epistemologiche traghettano il pensatore dalle sponde di maestri quali Bachtin e Barthes ad un approdo intellettuale autonomo e teoreticamente robusto, di cui la sociologia e la storiografia hanno poi fatto progressivamente tesoro. Nella sua formulazione di fondo, la tesi essenziale di Todorov si unisce a quelle offerte negli anni del postmoderno sintetizzate nelle ridefinzione della nozione di identità: essa si acquisisce - o si costruisce - in modo più completo attraverso lo sguardo dell'altro. La destrutturazione ed il ridimensionamento della concezione classica di "identità", considerata come responsabile storicamente di scontri e discriminazioni, diventerà ben presto un nuovo luogo comune della filosofia occidentale contemporanea, e quindi una consolidata elaborazione filosofica. Se ciò è avvenuto, lo si deve alla forza teorica con cui si è imposta al dibattito filosofico con le voci che le hanno dato corpo (ermeneutica, esistenzialismo, Levinas e - appunto - lo stesso Todorov ecc.), anche se i toni logicamente acuti cui hanno dato vita per emergere con la loro carica innovativa, non lo sono stati abbastanza da prevedere un successo così radicale da trasformare il nuovo, originale paradigma nell'ennesimo pregiudizio e stereotipo filosofico ormai un po' logoro, a prescindere dalla plausibilità che lo anima e dalla condivisibilità con cui lo si percepisce (come dimostrano le posizioni sulle nozioni di "guerra", "barbarie" e "civiltà" riproposte ancora dal filosofo in alcune recenti interviste).
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